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C'è il lockdown, h6 è buona, e anch'io non ho più molte certezze

Come ogni mattino, ho aperto gli occhi. Fuori, guardando dalla finestra, c'era il sole che sorgeva. Bene, ho pensato, anche questa certezza almeno per oggi è assodata.

Pieno di energia e scattante come un bradipo che sonnecchia all'ombra realizzo, arrivato in soggiorno, dalle mascherine sul tavolo e dalle camice bianche non stirate, che siamo ancora in piena pandemia e, sì, c'è il lockdown. Sono rinchiuso in casa e non posso andare al lavoro.

Poco male, il sole continua a splendere, è davvero una bella giornata. Mi rianimo, quindi, e dopo un buon caffè approfitto del giorno di mercato. Autocertificazione in tasca, vado a fare una passeggiata e la spesa. Al ritorno a casa, studio, gioco, mangio e rido (sono da solo, ma meglio non dire a nessuno quest'ultima azione. Tanto chi la verrà mai a sapere!). Telefona anche il presidente con il fiato alla Pantani e l'aria di montagna che attraversa il telefono, quasi mi convince a comprare una bicicletta. Chiusa la cornetta (a qualcuno verrà la certezza della nostalgia) metto la tuta ed esco fuori all'aria fresca del giorno, indosso la mascherina e senza autocertificazione, dopo poco ho il fiatone. 

Uno di questi giorni devo provare ad uscire con la scacchiera sottobraccio e la tasca vuota. "Scusi, agente, sono uno sportivo e sto facendo attività all'aperto!". Al massimo scriverò un articolo con la foto della multa e il cuore duro dell'agente che neppure Netflix è riuscito ad intenerire!

Al ritorno, dopo una doccia rigenerante, mi metto ad analizzare alcune mie partite. Tutto andava bene e la certezza che il mondo ruotava nel verso giusto era confermata dalla litania di varianti che il motore sciorinava con noncuranza da Gran Maestro davanti a una categoria nazionale. Non mi sono lasciato intimidire, rispondevo sventolandogli, a mo' di autocertificazione, le mie vittorie a gioco scorretto!

Le certezze che governano il mondo, dopo lo schiaffo del lockdown, sembravano far trascorrere il giorno così, come la vita lo aveva concepito nell'assoluta casualità degli eventi. D'un tratto, tuttavia, mi ritrovo davanti la posizione che vedete.

Io ricordo bene quale mossa da numero infinito di interrogativi ho giocato, e non me ne capacito. Mi sono parato le mani alle orecchie, temendo che persino stockfish, non solo mi avrebbe malamente sgridato, ma addirittura colpito con un meritatissimo ceffone. Così, con la paura che le certezze del giorno diventassero un macigno pesantissimo e difficile da sollevare dal petto del proprio morale, ho pigiato per andare alla mossa successiva e:

h6 è buona!... h6 è buona?! Mi sono lasciato sfuggire un matto in una mossa che chiunque, preoccupato, mi avrebbe subito portato da un oculista per quello che non ho visto! Schiere di bambini alzerebbero le mani eccitati di poter dare un così semplice scaccomatto al Bianco, e stockifish dice solo che h6 è buona.?!

Le certezze che guidano la vita crollano in questo modo, quando meno te lo aspetti, lasciando un silenzio che ricorda un tonfo nel vuoto. Non ci si sente molto bene con il vuoto che non si riesce a riempire. Ci vuole molta forza, alcune volte, per resistere alla vita che di tutte le tue certezze ne fa una matassa di dubbi! Per trovarne il bandolo occorre molta ironia!

Al "Gambetto di Donna" preferisco l'insalata


Complice la nuova chiusura forzata e, forse, anche il chiasso più social che mediatico suscitato dalla mini serie televisiva Queen's Gambit, mi sono dedicato, senza avere il conforto dei popcorn et similia, a guardarne tutti gli episodi. 

Tra una puntata e l'altra, ho inserito qualche video di canali scacchistici alla serie dedicati. Primo stupore, interdetto più che persuaso: sembra che il titolo originale mal si adatti all'italiano, che si deve inventare un "La Regina degli Scacchi" giusto per per non uscire dalla festa della banalità. Al sottoscritto "Gambetto di Donna" sembra molto più fedele ed inoltre, seppure mal spiegato (alla sua prima apparizione c'è soltanto il pedone di donna mosso  in d4), veniva chiarito all'interno della serie.

Messa da parte tale corbelleria, la mia curiosità si annoiava parecchio, episodio dopo episodio. Scialba m'appariva la storia, scialbe le partite, le espressioni sulla scacchiera, le mosse sulla scacchiera, fatte come se stessero spostando il caffè su un tavolo del bar, nessuna tensione sul volto dei giocatori, sempre freschi, persino dopo ore di gioco. 

Nella "Regina degli Scacchi" non vi è nessuna emozione suscitata dagli scacchi medesimi. L'unica scena in cui veramente l'amore per il gioco si intravede è quella in cui la protagonista osserva il parco di Mosca pieno di scacchisti che giocano. Per il resto, sebbene la consulenza di Kasparov e Pandolfini abbiano evitato la classica casa h1 nera, tutta la serie non è altro che una continua foto di copertina. Le pose sono varie e sono tutte per la pin up (credo che in questo il testosterone abbia annebbiato parecchi scacchisti). Gli scacchi c'entrano poco e a dire il vero persino le corde drammatiche sono toccate con una bella foto da copertina e scene di una banalità che il male levati! Le partite le hanno ricostruito gli scacchisti, perché la miniserie non c'è le ha mai raccontate, inquadrate, fatte vivere e patire, soprattutto ai protagonisti.

Risulta, infine, stomachevole tutto quel buttare a terra i Re. Assolutamente antisportivo alzarsi dalla scacchiera dopo un abbandono senza stringere la mano. Per niente credibile che in un torneo all'italiana all'ultimo turno spariscano gli altri contendenti. Da ridere a crepapelle la scena in cui dei Grandi Maestri che giocano in simultanea lampo, dopo che per giorni hanno studiato tutte le partite in allenamento, giocare poi la Morphy-Alleati senza accorgersene. Non è finzione questa, è ignorare cosa sono gli scacchi!

Tralascio il finale perché di americanate non sono esperto e spesso mi fanno venire il reflusso gastroesofageo. Se qualcuno, ad ogni modo, si appassionerà agli scacchi ben venga, sperando che ricorra subito ai ripari e vada a guardare La Febbre degli Scacchi oppure, se vuole approfondire, Chess me out e se proprio vuole restare aggiornato meglio ascoltare il Caffè di Stay at Chess.

Ora scusatemi tanto, il mio avversario ha appena giocato 1. d4 e a me è venuta una gran fame. Meglio prepararsi una buona insalata che masticare luoghi comuni!



Formulari, mattoni e percorsi scacchistici

Recentemente, a Brescia presso l'Istituto Marco Polo, si è svolta la seconda edizione dell'Autunno Scacchistico: torneo Open a tempo lungo.
Non è nostra intenzione farvi la cronaca della manifestazione, se volete alcuni dati potete andare su Vesus alla pagina del torneo (QUI).
Il formulario, strumento indispensabile pero ogni istruttore serio, questo è l'argomento principale che ci ha richiamato alla memoria l'evento svoltosi nel bresciano.
Un Istruttore che tale vuole essere e che ci tiene a a far sì che il proprio allievo migliori, non può non insegnare la notazione algebrica e sottolineare l'importanza della trascrizione della partita! Il formulario diventa in tal modo un mattone fondamentale per sorreggere il proprio percorso scacchistico e non farlo traballare. E a coloro i quali tale affermazione sembra esagerata, noi rispondiamo che siamo stati testimoni di quanto essa sia vera proprio al II Autunno Scacchistico Bresciano, e ne abbiamo conservato le prove per potervelo mostrare a voi increduli!
Formulari che sorreggono percorsi scacchistici



I Bambini scoprono l'Infinito!

A quanti istruttori sarà successo di incamminarsi verso gli alunni in classe con la speranza recondita di farne dei campioni di Scacchi?
Possiamo di certo mentire. Ci si ricorda lo scopo didattico che ci porta ad insegnare nelle scuole o altrove, a dei bimbi il cui essere affascinati non sta nella parola Scacchi, bensì nella parola ancor più magica: gioco.
Sotto il nostro amore e sotto la nostra passione per gli scacchi soffochiamo l'esperire del bambino, il cui pensiero ha solo bisogno di essere guidato verso la scoperta, giammai piegato ad una ragione che non è in grado di comprendere.
Alzate piano, perciò, i vostri lai come scuse per l'ambizione mal celata: volevamo solo far loro scoprire gli Scacchi, quelli veri e non questo spinger di legna senza scopo alcuno.
La verità è che tutta la bellezza della vita, per quanto assurda (che poi è la logica della vita stessa!), sta proprio tutta in quel cieco scoprire. Gli istruttori impongono, pretendono, vogliono e inseguono risultati. Gli istruttori non giocano con i loro allievi.
Ai bambini, invece, piacciono gli scacchi perché si divertono a giocare e proprio perché giocano scoprono nuovi orizzonti nel loro mondo.
Lasciate stare, un saggio consiglio, lasciate stare d'essere istruttori provate ogni tanto a essere educatori e lasciare scoprire il mondo ai vostri bambini. Scoprirete allora voi che sono capaci di trovare l'infinito!

Un viaggio chiamato Scacchi!

Avete presente quei momenti della vostra vita nei quali vorreste tanto chiedere a qualcuno pur sapendo le risposte? e poi in fondo voi non state cercando neppure queste?
Quei momenti precisi nei quali sentite che tutto è così terso, perché è passato quindi facilmente leggibile, e l'ora vi si presenta con tale necessaria successione che solo il vostro raccoglimento li fanno sentire importanti?
Nel grande numero dei casi in cui ciò ci accade, il momento diventa anche un luogo. Ci piace ritornare in quel posto perché sentiamo che i nostri pensieri ed i nostri desideri diventano subito più limpidi, chiari e maturi.
A colui che viaggia tutto questo sembrerà molto familiare e chi sta forse già pensando di dover fare le valigie per sperimentare, si è altrettanto in fretta dimenticato che mille sono i modi di viaggiare. Al sottoscritto, per buona sorte, è capitato di farlo con gli Scacchi.
Un mondo asciutto a volte, altre una impervia tempesta d' onde - e vi si trovano amici sinceri e fedeli, nemici orgogliosi e leali. Un mondo i cui luoghi in tutti gli angoli va esplorato, vissuto, pensato... raccontato.

Eziologia di una Scacchiera di carta

Ogni Istruttore, la prima volta almeno, ne è stato sorpreso e travolto come un temporale improvviso in una giornata assolata. L’entusiasmo e la passione dei bambini per gli scacchi nasce, infatti,  dalle emozioni che questo gioco suscita nella loro esperienza.
Questo è il principale motivo che non ci fa “comprendere” le loro partite e, anziché scandagliare l’animo della scelta, ci porta alla castrazione dell’esecuzione. Difetto orribile, come l’oblio di quell'entusiasmo e passione che ci ha portati alla superbia della nostra bravura d’insegnanti.
In barba al raziocinio ed al metodo, in barba alla perfezione, tuttavia, molti di noi si ricordano il primo incontro con gli scacchi e la magia di castelli, Re e Sovrane, di campi di battaglia ed avventure… l’emozione ci ha condotto al gioco e ci ha fatto creare mosse, partite, mestieri ed opere d’arte.
Diceva Picasso “L’artista è un ricettacolo di emozioni che vengono da ogni luogo: dal cielo, dalla terra, da un pezzo di carta, da una forma di passaggio, da una tela di ragno.” e potremmo aggiungere da una scacchiera o dai suoi pezzi.
Ogni Istruttore ha l’obbligo di non dimenticare questa magia. Per fortuna ci sono le emozioni genuine dei bambini. Ascoltatele, diventeranno un imperituro promemoria.

NOTA BENE: La scacchiera di carta è stata realizzata da una bambina di 3^ Elementare dell’Istituto Comprensivo di Castel Mella.

Preferisco andare al Circolo

I ricordi, si sa, non è possibile riviverli. Sono però come certi odori, appena ne senti la fragranza ti trasportano in quella identica atmosfera di quando li hai respirati la prima volta. Alcuni, poi, ci sono molto cari perché inconsapevolmente ci piace ripeterli.
Della prima volta che misi piede in un Circolo ricordo le sonore lezioni di pratica del gioco, a scapito delle mie conoscenze acquisite sui libri. Ancor più vivida nella memoria è l’immagine dei pezzi che prendevano vita nelle mani dei giocatori: alcuni si muovevano in silenzio, quasi strisciando sulla scacchiera; altri sembravano infrangersi su quelli catturati all’avversario; altri ancora apparivano come per magia su una casa dimenticata; infine, c’erano quelli fuori dal campo di battaglia, prigionieri stretti nelle mani del rivale, spostati da una parte all’altra della scacchiera.
Chi dice che gli scacchi non sono un gioco fisico, li ha giocati esclusivamente in maniera bidimensionale e solo su uno schermo.
Da quella volta in poi, imparai che non esiste partita a scacchi senza un antagonista, un contendente, un avversario, un nemico-amico vero e reale, non un semplice alter-ego semisconosciuto che, tutto al più ti lancia un saluto o un insulto e impari cosa vuol dire “dumb idiot”.
Sì, perché se è vero del cibo, ancor di più lo è per il nostro millenario giuoco: “ Dimmi come giochi a scacchi e ti dirò chi sei”.
Così continui ad andare al Circolo, giochi una partita: vinci o patti o perdi. Non importa o proprio perché ti importa, insisti, torni indietro a quello che vi eravate detti in partita mossa dopo mossa e, se il confronto è schietto ma complicato e divergente, tutti gli altri si sentono in dovere di dire la loro mossa, idea, piano: le conoscenze si accrescono, la tecnica si acquisisce. Il duello, tuttavia, non trova pace e si rimettono in moto gli orologi. Se proprio non vi è modo di dirimere la questione e siete in troppi, nulla di meglio che un torneo amichevole con spareggio finale in caso di ex-aequo.
Datemi pure del romantico, ma ci sono ricordi che ti fanno innamorare e dei quali non puoi più farne a meno e proprio non vuoi. Così’ ritorni tutte le sere al circolo per poterli perpetuare e farli crescere con te.
Quando, ormai nei pressi delle auto, qualcuno azzardava: “Ti lancio una sfida su internet” non faceva a tempo a finire la frase che tosto la risposta chiudeva la conversazione: “Grazie, preferisco venire al Circolo! Alla prossima, ragazzi.”