Cartolina del Giorno (62): quel che non siamo

Mia Carissima Cara, 
ieri notte, proprio quando un giorno muore e un altro nell'indistinto buio inizia, sul mio terrazzo, ho osservato ancora l'albero maestoso che, a poche centinaia di metri, si staglia tra i tetti e le antenne delle case addormentate. La sua ombra nera, sagomata nell'oscurità, stonava con l'opera artefatta dell'uomo.
Stupisce ancora me, e immagino altri, vedere tanta pazienza nel cambiamento. Gli alberi, come tutti gli esseri viventi e la natura stessa, sembrano uguali ma, e così gli uomini, sono diversi: muoiono e rinascono conservando qualcosa del vissuto, dell'altro imparano che è superfluo e ne dimenticano l'esperienza. Cambiano, gli alberi, con la pazienza di chi sa che il tempo non è subito né l'ora, bensì il possesso pieno dello spazio che occupano e che li circonda.
Sono come gli uomini, gli alberi, agli occhi miei da matto! Solo, benché questo si celebra come conquista della modernità, il mondo parmenideo sopravvive nel fermo immagine dell'istante, che viene catturato e ripetuto e reiterato, fino a diventare quel che è e non può non essere.
Lascia, anima mia, che in questa falsità viva il mondo. Io e te diventeremo insieme quel che ora non siamo.
Stammi bene, perché sempre te ne vorrò.

Muove il Bianco. Scaccomatto in due mosse!