L'Ape

Si fermò, esausto, dopo aver messo piede sul pianerottolo. Si tolse la giacca, ansimando un po'. Prese il fazzoletto dalla tasca per asciugarsi il sudore sulla fronte, poi guardò il suo amico e collega, ancora molti gradini in basso, una rampa intera.
"Dimmi, mio caro amico" gridò dall'alto l'ispettore di polizia " Chi farebbe tutte queste scale per venire a trovare il proprio carnefice?"
Il poliziotto sostò a metà scalinata, guardò il suo superiore con aria stupita, non riusciva mai a capire se le sue domande fossero serie oppure solo facezie che rallegrassero il loro tristo mestiere.
"Forse" rispose alla fine della sua breve pausa interrogativa "qualcuno a cui la lotta con il proprio destino non ha mai messo paura!"
L'ispettore, frattanto, ripose il fazzoletto nella tasca della giacca e mise la stessa sulle bretelle azzurre e la camicia bianca. Si strinse, infine, nelle spalle e sorrise.
"Elementare Watson! Elementare!"
Quando il suo Watson lo raggiunse sul pianerottolo, davanti alla porta in noce massello, l'ispettore, prendendo il suo taccuino in fodera di pelle, bussò una e due volte.
"Ah, finalmente! Siete arrivati, non sapevo più cosa fare!"
Ad accoglierli c'era un appena giovane uomo: magro, in giacca e cravatta, dai tratti caucasici, due occhi determinati in un corpo esile, si direbbe addirittura flebile.
"Perché, cosa ha fatto? O cos'altro voleva fare prima del nostro arrivo?"
"Nulla...Io... Ecco..."
"Non se ne curi, signore. Il mio collega è sempre diffidente. Si sieda, e si calmi. Ci lasci lavorare, adesso, ritorneremo da lei al più presto."
Il proprietario dell'appartamento si fece appena da parte e, cadendo mollemente su una sedia, apparsa quasi per magia, indicò la direzione ai due agenti.
La luce del sole mattutino, in soggiorno, si infrangeva contro le vetrate di una oblunga ed ampia finestra, allungando le ombre sul tavolo al centro. A prima vista la bellezza delle figure sulla scacchiera, che rifletteva la luce, distoglieva lo sguardo da altro. L'altro erano due braccia conserte sul tavolo, un capo reclinato ed appoggiato su di esse, un corpo immoto seduto. Se non ci fossero stati quei due estranei a fissare la scena, sarebbe stato soltanto il pisolino di un uomo stanco o insonne.
L'uomo era morto, invece, come aveva segnalato al telefono colui che prima li aveva accolti. All'improvviso, si era accasciato in quella posa, senza alcun motivo apparente. I due uomini si avvicinarono, osservando minuziosamente i dettagli della scena. Cercavano, presumibilmente, indizi di quel che fosse realmente accaduto in quella stanza, sebbene sospettare di quel volto emaciato nel corridoio era alquanto improbabile.
"Guardi, ispettore! Si avvicini, la riconosce?"
"Sembra una Ben-Oni! Partita difficile e bella a quanto pare. Ma non gode di molta popolarità."
"Ispettore!"
"Che c'è! Non parlavi della posizione?"
"Certo, come no! Non credo questo sia il momento. Piuttosto, guardi, credo di avere trovato il motivo del sonno del nostro amico"
"Cos'è?"
"Un'ape, ispettore, proprio vicino all'orecchio. Doveva essere allergico e al sua partita è finita prima del previsto"
Dopo poche altre ed esaustive domande, che sembravano confermare del tutto i sospetti dei due agenti, il proprietario di casa fu lasciato solo. Data l'assenza di qualunque indizio di omicidio, si sarebbe occupato lui del corpo e della sepoltura.
"Mi dispiace, James!" disse l'uomo entrando in soggiorno e avvicinandosi alla finestra " Non era mia intenzione, sai. Ogni maledetta sera mi vieni a trovare con quella tua insaziabile voglia di giocare una partita. Ogni maledetta sera è una nuova occasione per me di batterti sulla scacchiera, di potermi sentire il Campione vero, colui che ha riportato il Titolo a Casa. Ci sei tu, però! Ci sei sempre stato tu, James, tra me e quel Titolo!
Stanotte, finalmente, eri in difficoltà, ti avevo schiacciato ed avevo la partita in pugno. Avrei sicuramente vinto, James! Avrei vinto, se quella maledetta ape non si fosse posata sul tuo Alfiere in fianchetto. Maledetta! ha persino passeggiato sulla scacchiera suggerendoti la mossa vincente!
Mi dispiace, James! Questa volta dovevo assolutamente vincere io!"
Alla luce della finestra, mentre i due agenti attraversavano la strada, l'uomo posò uno stiletto sul mobile accanto. Compose un numero telefonico. Attese qualche minuto.
"Sì, sono io: Anatolij. Venitelo a prendere. Ora, sono soltanto io il Campione!"